Il calcestruzzo autocompattante (Self Compacting Concrete, o SCC) è da molti considerato come la materia prima e la forma solida del libero arbitrio creativo. Perché? Le ragioni sono diverse, e ancora molto c’è da scoprire.

Da venti anni contribuisce ad alimentare una rivoluzione linguistica dell’architettura che attraversa l’esperienza di geni tra i più eversivi nella Storia contemporanea: da Renzo Piano a SANAA, passando per il lascito inesauribile di Zaha Hadid.

LE PIETRE MILIARI

Thom Mayne lo ha definito “un progetto che va alla ricerca di una condizione di flusso ininterrotto, con la massima assenza di barriere”. Infatti, il Phaeno Science Centre di Wolfsburg, in Germania, offre un chiaro esempio delle potenzialità strutturali del calcestruzzo autocompattante, combinate nella fattispecie con un massiccio utilizzo di acciaio.

Disegnato dall’architetta e designer angloirachena Zaha Hadid, l’edificio si presenta con imponenza – solo apparentemente monolitica – come sospeso a otto metri dal suolo: un paesaggio di piani modulati sorretto, nella sua posizione sopraelevata, da dieci coni e raccolto sotto una scocca sinuosa che crea una sensazione di “velocità impressa”.

Tra le testimonianze più rappresentative di questa nuova primavera del Self Compacting Concrete bisogna menzionare l’Ecole Polytechnique Federale de Lausanne, progettato da SANAA, e altri due capolavori di Zaha Hadid: il MAXXI di Roma e il nuovo porto commerciale di Salerno.

LE QUALITÀ DEL SELF COMPACTING CONCRETE

In che modo il calcestruzzo autocompattante ha reso possibili queste imprese costruttive di rilevanza epocale per la cultura architettonica mondiale?

Grazie alla sua notevole fluidità (allo stato fresco), all’elevata deformabilità e alla resistenza alla segregazione, ai nidi di ghiaia e all’essudazione d’acqua, il SCC è in grado di riempire gli spazi tra armature e casseformi e tra armature ed armature garantendo una superficie levigata, priva di difetti e durevole nel tempo.

Inoltre presenta costi contenuti, sicuramente inferiori ai materiali cementizi tradizionali per la messa in opera, e un minor impatto ambientale. E potendosi ridurre in modo significativo il rumore, consente di assicurare maggiore tutela dei lavoratori.

Zaha Hadid amava sfruttarne tutto il potenziale sia per la realizzazione dell’involucro che per l’interno. Certo è che il calcestruzzo autocompattante ha permesso di esplorare orizzonti formali ed estetici prima sconosciuti.

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