Siamo abituati ad abitare in case principalmente costruite con una struttura in calcestruzzo? Ma cosa accade se questa struttura subisce alcune modifiche e trasforma le nostre abitazioni in organismi “geneticamente modificati”?

In un futuro tutt’altro che lontano diverse innovazioni tecnologiche potrebbero rivoluzionare il nostro modo di abitare. Questi ultimi anni ci hanno posto di fronte al rischio di una catastrofe climatica di dimensioni colossali. L’idea di subirne tutte le disastrose conseguenze ci costringe a ripensare al modo in cui abiteremo l’ambiente. Proprio per questo, le frontiere della tecnologia si stanno addentrando in nuove imprese ingegneristiche in grado di rendere gli edifici sempre più vivi, a partire dal calcestruzzo vivente. 

Le nuove scoperte tecnologiche saranno in grado di portare i microrganismi a fornirci la materia prima per costruire le abitazioni in modo sostenibile. Come? Limitando le emissioni di CO2 attraverso innovazioni ingegneristiche che le renderanno più vive e meno inquinanti.

Il calcestruzzo vivente

Una delle innovazioni tecnologiche rivoluzionarie nel campo dell’edilizia è senz’altro quella che riguarda il cosiddetto “calcestruzzo vivente”. Proprio agli inizi di quest’anno il responsabile del Living Materials Laboratory, Wil Srubar, della University of Colorado, ha pubblicato sulla rivista scientifica Matter i risultati di uno studio su questo nuovo materiale.

Cos’è?

Questo tipo di cemento consiste in un blocco di mattoni di varie forme con all’interno cariche di batteri. Le ricerche di biologia sintetica di Srubar tentano di ingegnerizzare i batteri, di creare minerali e polimeri e trasformarli in blocchi viventi, gli stessi che in futuro potrebbero dare vita alle nostre abitazioni.

Cos’ha di differente il “calcestruzzo vivente” rispetto a quello normale?

Il cemento vivente si «rigenera» da solo. Come? Attraverso il calore e la luce solare. Quando sono a contatto con la luce del sole i batteri producono cristalli di carbonato di calcio attorno alle particelle di sabbia, in un processo simile a quello della nascita delle conchiglie nell’oceano.

Una volta raffreddata, la sostanza si solidifica in un composto dalla consistenza simile al gel, che viene poi disidratato e indurito. «Le proprietà meccaniche di questa sostanza sono però più simili alla malta, un materiale più debole di solito realizzato con sabbia e cemento, rintracciabile nei mattoni degli edifici», spiega Srubar, affermando che il materiale ottenuto non ha ancora la forza e la resistenza dei normali mattoni.

Tra i vantaggi derivanti dall’utilizzo dei batteri per creare il «calcestruzzo vivente» vi è la loro quantità: se non sono completamente disidratati, i batteri continuano a crescere e riprodursi. In questo modo un mattone potrebbe quindi essere diviso per crearne due, aggiungendo la giusta quantità di sabbia e soluzione nutritiva.

Il calcestruzzo è il secondo materiale più utilizzato sulla terra dopo l’acqua e cercare e trovare innovazioni in questo è una vera svolta per l’edilizia. Con il “calcestruzzo vivente” sarebbe probabilmente possibile rinunciare a manutenzioni, consolidamenti o restauri: il cemento infatti si rigenererà da solo.

Largo, dunque, alla biologia sintetica e ai materiali viventi ingegnerizzati, i quali svolgeranno un ruolo fondamentale nell’affrontare le sfide future: cambiamenti climatici, resilienza alle catastrofi, invecchiamento e inquinamento. Ne saremo in grado? Noi crediamo proprio di sì!

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